Per i contratti a termine e i licenziamenti (collettivi e per giustificato motivo oggettivo) è intervenuto il cd. decreto Rilancio, originariamente atteso nel mese di aprile ma pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale solamente martedì 19 maggio.
Licenziamento Collettivo:
il Decreto Cura Italia, aveva originariamente previsto che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, e per 60 giorni – ossia da martedì 17 marzo a sabato 16 maggio 2020 – valeva che era precluso l’avvio delle procedure di consultazione sindacale in vista del licenziamento collettivo; le procedure pendenti – ossia non ancora concluse – avviate dopo il 23 febbraio 2020 erano sospese. La legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, ha escluso dal cd. “blocco dei licenziamenti collettivi”, le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto. infine, il decreto Rilancio ha ulteriormente modificato il periodo in cui le procedure di licenziamento collettivo sono sospese o comunque bloccate, innalzandolo a 5 mesi rispetto ai soli 60 giorni inizialmente previsti. Ne deriva che tali procedure sono, di fatto, bloccate sino al 16 agosto 2020, con conseguente impossibilità da parte del datore di lavoro di recedere, anche a fronte di una grave crisi dell’impresa.
Licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo :
Premesso che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo – con preavviso – è determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, anche tale disposizione è stata coinvolta. Il decreto Cura italia, a tale riguardo, aveva originariamente stabilito che fino alla scadenza del medesimo termine di cui sopra – ossia per 60 decorrenti da martedì 17 marzo e fino a sabato 16 maggio 2020 – il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti (la norma si applica, quindi, anche alle piccolissime realtà ), non potesse recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Nessuna novità, a tale riguardo, è stata introdotta in sede di conversione in legge del decreto cd. Cura Italia.
Il decreto Rilancio dispone :
a) l’impossibilità per il datore di recedere dal contratto individuale di lavoro per giustificato motivo oggettivo si estende da 60 giorni a 5 mesi: quindi dal 17 marzo al 16 agosto prossimo.
b) che nel periodo citato – ossia per 5 mesi dal 17 marzo 2020 – sono anche sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso, di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ossia sono sospese le procedure per il tentativo – preventivo – di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro.
c) una modifica ulteriore all’articolo 46 del decreto Cura Italia, inserendo un nuovo comma. Tale nuova disposizione prevede che il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nel periodo dal 23 febbraio al 17 marzo 2020 (quindi da prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 18/2020 e fino a tale momento) abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, può, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, dello Statuto dei lavoratori, revocare in ogni tempo il recesso, purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, ossia: CIGO, e assegno ordinario. il tutto a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. A tale ultimo proposito, va evidenziato che la revoca del licenziamento, per il periodo dal 23 febbraio al 17 marzo 2020, è possibile anche dove si tratti di un lavoratore soggetto al cd. contratto a tutele crescenti. In buona sostanza, la disposizione vuole consentire il rientro in servizio dei dipendenti eventualmente licenziati in tale periodo, che vengono direttamente messi in grado di fruire degli ammortizzatori sociali, senza costi per il datore, con una chiara finalità di salvaguardia del loro reddito.
Contratti a tempo determinato :
il decreto Cura Italia, non aveva previsto nulla a tale riguardo. Una prima disposizione è stata inserita in sede di conversione dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che ha introdotto il nuovo articolo 19-bis nel MEDESIMO decreto legge. Tale nuova disposizione prevede che, considerata l’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali del medesimo decreto è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui Al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di procedere, nel medesimo periodo (ossia durante il periodo di fruizione di tali ammortizzatori sociali), al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione. Le deroghe riguardano la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato e di somministrazione a termine anche nelle unità produttive in cui sono in corso interventi di cassa integrazione (e assimilati) che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine o quello di somministrazione. Inoltre, per i contratti a tempo determinato, non va rispettato il cd. stop and go, ossia l’intervallo di 10 o 20 giorni tra due successivi contratti a termine con il medesimo lavoratore.
il decreto Rilancio, con effetto a partire da martedì 19 maggio 2020, dispone che – proprio in deroga – per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all’emergenza epidemiologica da Covid-19, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020, i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020. Di fatto, quindi, se il contratto di lavoro a termine era in corso alla data del 23 febbraio 2020, il datore può prorogarlo (oltre i 12 mesi di durata) o rinnovarlo (cioè assumere nuovamente a termine il medesimo dipendente) senza dover indicare alcuna specifica motivazione.