Con la risposta a interpello n. 533/2020, l’Agenzia delle Entrateha chiarito che non possono fruire del regime degli impatriati, coloro che si sono recati all’estero per frequentare un corso post lauream della durata di due anni accademici, senza aver maturato un biennio di residenza fiscale all’estero, ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Nell’ipotesi di trasferimento della residenza fiscale, in Italia prima del 30 aprile 2019, come nel caso di specie (rientro nel 2017), occorre fare riferimento all’art. 16 del DLgs. 147/2015, nella formulazione vigente fino al 30 aprile 2019.
Il comma 5-ter dell’art. 16 del DLgs. 147/2015, relativamente ai lavoratori impatriati, non iscritti all’AIRE e già rientrati entro il 31 dicembre 2019, dispone che sono applicabili le disposizioni di cui all’art. 16 del DLgs. 147/2015 nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni, sui redditi nel periodo previsto dal comma 1 lett. a) del citato art. 16. L’Agenzia rileva che il citato comma 5-ter non ha inteso modificare il periodo di possesso del requisito della residenza all’estero, che nel caso dei soggetti di cui all’art. 16, comma 2, è almeno pari a due periodi di imposta, bensì consentire di dimostrarne il possesso, ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, in assenza di iscrizione all’AIRE.
L’istante dichiarava di non essere in possesso del requisito della residenza all’estero, ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni per due periodi di imposta precedenti il rimpatrio, ma soltanto di aver soggiornato all’estero per due anni “accademici” (pare di capire, senza aver fornito ulteriori elementi di prova circa la residenza all’estero), per cui non risulta integrato il requisito della residenza all’estero ed è pertanto precluso l’accesso al regime.