Il termine di presentazione della dichiarazione Iva 2021 relativa all’anno 2020 scadrà – salvo proroghe ad oggi non previste – nel termine ordinario del 30 aprile 2021. Vediamo pertanto quali sono le conseguenze sotto il profilo della detrazione Iva delle fatture di acquisto, riferite al 2020 e delle note di variazione il cui presupposto nasce nel medesimo anno, alla luce dell’attuale termine previsto dall’articolo 19, D.P.R. 633/1972 per l’esercizio della detrazione.
Come è noto, già a partire dal periodo d’imposta 2017, il D.L. 50/2017 ha modificato gli articoli 19 e 25, D.P.R. 633/1972, riguardanti le regole di detrazione e registrazione delle fatture di acquisto, al fine di stabilire che per le fatture emesse già a decorrere dal 1° gennaio 2017:
- il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile (cioè, il momento di effettuazione dell’operazione, ovvero il momento in cui il soggetto attivo ha emesso la fattura) ed è esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’ anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo;
- la fattura di acquisto va annotata anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione e, comunque, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno.
Con la circolare n. 1/E/2018 l’Agenzia delle entrate, al fine di risolvere gli effetti negativi derivanti dal mancato coordinamento delle citate modifiche, ha precisato – poggiando sulle disposizioni comunitarie – che il diritto alla detrazione deve essere esercitato con riguardo al periodo di imposta nel corso del quale ricorrono entrambi i due seguenti presupposti.
Per le liquidazioni, sia mensili che trimestrali, avvenute in corso d’anno, effettuazione dell’operazione e ricezione della fattura avvengono in 2 mesi o trimestri diversi ma entro il giorno 15 del mese di liquidazione, è possibile imputare questa fattura alla liquidazione riferita al momento di effettuazione. Le indicazioni contenute nell’ultimo inciso della disposizione sopra richiamata fanno sì che se un soggetto passivo Iva è venuto in possesso una fattura di acquisto datata 2020 solo nel 2021, ecco che la detrazione dovrà necessariamente avvenire nelle liquidazioni periodiche dell’anno 2021 e fino al termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva relativa a tale anno (modello dichiarazione Iva 2022) che scade ordinariamente al 30 aprile 2022.
Dette fatture, quindi, non potranno essere imputate nel mese di “competenza” ma di ricezione.
Ricorso all’Integrativa per le fatture ricevute nel 2020 ma registrate dopo il 30 aprile 2021
Sempre con la circolare n. 1/E/2018 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che l’effettività del diritto alla detrazione e il principio di neutralità dell’Iva sono, in ogni caso, garantiti dall’istituto della dichiarazione integrativa a favore, con la quale è possibile correggere errori od omissioni che hanno determinato l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o di una minore eccedenza detraibile. Nel caso quindi della fattura datata 2020 e ricevuta con data “certa” nel 2020, che non venga inserita nel modello di dichiarazione annuale Iva 2021 entro il prossimo 30 aprile 2021, sarà sempre possibile, al fine di guadagnare comunque la detrazione, presentare una dichiarazione integrativa della citata dichiarazione Iva 2021, entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione del modello originario. Tale ultima soluzione, tuttavia, comporta secondo l’Agenzia l’applicabilità delle sanzioni per la violazione degli obblighi di registrazione.
Il diverso trattamento delle note di variazione
L’Agenzia delle entrate è intervenuta in merito alle disposizioni dettate dall’articolo 26 del decreto Iva in tema di note di variazione. Secondo l’Amministrazione finanziaria non è possibile fare ricorso alla nota di variazione in diminuzione (la cosiddetta nota di credito) una volta che siano decorsi i termini per l’esercizio del diritto alla detrazione.
L’attuale versione del citato articolo 19, comma 1 prevede, infatti, che la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa (e la maggiore imposta a suo tempo versata può essere detratta), al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (per individuare detto momento la circolare n. 1/E/2018 richiama i contenuti di seguenti documenti di prassi: la risoluzione n. 89/E/2002, la risoluzione n. 307/E/2008 e risoluzione n. 42/E/2009). Ne deriva pertanto che, per le note di variazione, la detrazione può essere operata non più, come avvenuto in precedenza, al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, bensì nel termine più breve attualmente previsto. Questo aspetto, unitamente al fatto che per la nota di variazione non esiste un vero e proprio “momento di ricezione” (la detrazione, infatti, va a beneficio del soggetto che emette il documento di rettifica), restringe non di poco il termine entro il quale poter esercitare la detrazione dell’iva evidenziata nella nota di variazione.
Volendo esemplificare, se un contribuente che si è precedentemente insinuato in un fallimento che si è chiuso definitivamente (secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia con la circolare n. 77/E/2000) in data 27 dicembre 2020 (il cosiddetto “presupposto” che legittima l’emissione della nota di credito), volesse recuperare l’iva dovrebbe farlo non oltre il termine di presentazione della dichiarazione iva relativa all’anno in cui tale presupposto è sorto, e cioè la dichiarazione Iva 2021 relativa all’anno 2020 che per quest’anno scade il 30 aprile 2021. Se quel contribuente, quindi, si “accorge” della chiusura della procedura concorsuale solo in data 4 luglio 2021, secondo la richiamata interpretazione dell’Agenzia quell’Iva non potrà essere recuperata facendo ricorso allo strumento della dichiarazione integrativa a favore andando quindi irrimediabilmente perduta. Nell’affermare questa tesi, l’Agenzia precisa che la nota di credito rappresenta una facoltà e non un obbligo mentre la dichiarazione integrativa ha la mera funzione di correggere errori e omissioni e non anche il mancato esercizio di facoltà.
Infine, con la risposta n. 192/E/2020, poi ribadita con la più recente risposta n. 119/E/2021, l’Agenzia delle entrate ha precisato – esprimendosi in senso contrario rispetto a precedenti pronunce – che la nota di variazione (emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel quale è sorto il presupposto) può comunque confluire nelle liquidazioni periodiche e/o nella dichiarazione relativa all’anno in cui la stessa nota è stata emessa, ancorché successivo a quello nel quale è sorto il presupposto.